Patient Centered – Verona
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La terapia di combinazione nella gestione delle patologie croniche rappresenta senza dubbio uno dei cardini più importanti su cui ruota il modello assistenziale patient-centered, il cui obiettivo operativo è la definizione di strategie di intervento che siano realisticamente percorribili nella vita reale. L’utilità dell’approccio patient-centered è ben riconosciuta dalle linee guida che sistematicamente sottolineano, nella loro declaratoria esplicativa, l’importanza del coinvolgimento del paziente o del suo caregiver nel progetto gestionale. Questo approccio presuppone la definizione da parte di un medico esperto dei fabbisogni clinici del paziente e delle sue specifiche esigenze, per pianificare un intervento clinicamente realizzabile. Un percorso decisionale, per essere adeguato, non può e non deve mirare al raggiungimento di obiettivi teorici, ma perseguire risultati specifici, misurabili, realistici e, soprattutto, raggiungibili da parte del paziente. Il medico dovrebbe quindi presentare ad ogni paziente, all’interno della propria area di competenza, le diverse prospettive di salute che non siano semplicemente proposte in termini di prolungamento della vita o di raggiungimento di specifici obiettivi (ad esempio la prevenzione di eventi cardiovascolari in corso di terapia ipocolesterolemizzante), ma che tengano conto anche dei desideri del paziente e delle sue preferenze. Fortunatamente, il trattamento della maggior parte delle patologie croniche condivide simili obiettivi di salute quali il recupero funzionale, il controllo della sintomatologia o il prolungamento della sopravvivenza. Il clinico viene a essere da ciò facilitato nel scegliere gli obiettivi terapeutici specifici di una determinata patologia nel contesto più ampio dei bisogni di salute di un paziente con più patologie croniche. L’implementazione dell’approccio centrato sul paziente presenta, invero, alcuni elementi di criticità, non ultimo il fatto che le raccomandazioni delle diverse linee guida continuano a essere sostanzialmente orientate sulla patologia più che sul paziente. Queste raccomandazioni poggiano su evidenze scientifiche ottenute nella generalità dei casi in contesti clinici relativamente selezionati da cui sono stati spesso esclusi quei pazienti, soprattutto anziani o molto anziani, con polipatologie o con un marcato grado di compromissione funzionale con la cui gestione il clinico si confronta quotidianamente.
Ed ecco allora che torna preponderante quell’esperienza clinica che per analogie e similitudini consente di estendere i progetti gestionali a contesti clinici solo sfiorati dalla medicina basate sulle evidenze.
Metaforicamente parlando, la medicina patient-centered sostituisce un universo tolemaico che ruota intorno al medico con una galassia copernicana che ruota intorno al paziente. Il limite di questa metafora è che paziente e medico condividono una relazione terapeutica, sociale ed economica caratterizzata da interessi reciproci e strettamente interrelati. Il paziente e il medico devono, quindi, incontrarsi da pari a pari, mettendo sul tavolo della discussione le reciproche competenze ed esigenze, ma senza che nessuno reclami una posizione di centralità. Una metafora migliore potrebbe essere forse la doppia elica del DNA, i cui due filamenti si circondano reciprocamente per trovare nella reciproca complementarietà la piena efficienza funzionale.